The Worthy di Ali F. Mostafa con Mahmoud Al Atrash e Ali Suliman
- Roberto Matteucci
- Feb 7, 2017
- 4 min read
Updated: May 8, 2019

The Worthy
Anno: 2016
Regista: Ali F. Mostafa
Autore Recensione: Roberto Matteucci
Provenienza: UAE
“I need water.”
Tratto da una sceneggiatura preparata per un film americano hollywoodiano, il giovane e valido regista degli UAE, Ali F. Mostafa presenta al 13° Dubai International Film Festival The Worthy – i meritevoli.
È una pellicola notevole perché tratta di un genere non consueto nel cinema arabo. È una storia apocalittica, distopica, un sci-fi thriller. Come sempre in questo genere si parla di futuro ma ci sono evidenti collegamenti con il tempo reale.
Il mondo è sconvolto, la cultura e la società sono scomparse, una distruzione totale causata dalla mancanza di acqua. Tutte le fonti sono contaminate, rimangono solo delle piccole riserve. La razza umana come da noi conosciuta è annientata. La gente si è rifugiata in posti chiusi, mentre intorno ci sono razzie di gruppi di sbandati, i quali cercano di depredare il poco rimasto.
Un gruppo di persone, guidate da Shuaib e dai suoi due figli, si è asserragliata all’interno di una grande fabbrica abbandonata e in rovina, ma con una cisterna di acqua potabili rimasta decontaminata.
Sono barricati all’interno, sono armati, non escono e vietano a tutti di entrare.
Una notte, inseguiti da una banda, arrivano un uomo e una donna. Dopo una battaglia feroce con gli inseguitori, Shuaib accetterà di accoglierli nonostante i dubbi degli altri.
Gli stranieri rappresentano una minaccia un pericolo mortale. Mineranno l’esistenza e l’integrità del rifugio.
Fra i sopravissuti c’è una comunità di persone dotate di qualità speciali, vogliono costruire un nuovo nucleo per un’intatta vergine realtà, sono i The Worthy, i meritevoli.
La prima scena è un flash back, in un mondo ancora normale, un camionista da un passaggio a un anziano. Un vecchio triste, con lo sguardo cupo, con un tormento interiore. Escono alla Exit 77, il vecchio scende e gli dà un consiglio: “Beware the black flags.”
Il camionista era Shuaib.
All’interno della vasta e desolata fabbrica si svolge la storia. È un film di azione, veloce, crudele, dark, con scene macabre e disgustose. La battaglia è intelligente, disumana, nella quale emergono il buono – il figlio di Shuaib – Eissa e il cattivo - lo straniero Jamal – penetrato all’interno con l’inganno.
Il finale è ovviamente top secret ma inizio e finale si congiungono racchiudendo tutta la storia dentro un cerchio minaccioso e pauroso.
Alcune idee sulla storia.
Per una nazione che basa la sua immensa ricchezza sul petrolio, parlare di un futuro distopico per mancanza d’acqua sembra una freddura. In realtà l’idea è adattata bene e la similitudine d’obbligo. Il petrolio non durerà per sempre, se la fonte dovesse finire o non essere più strategica, tutto cadrebbe in disfacimento.
Perciò è necessario differenziarsi, creare un gruppo di meritevoli capaci di adeguarsi al futuro, fondando una società multiforme, diversificata pure economicamente, senza essere totalmente dominati dalla fonte del petrolio.
Molte minacce pervengono soprattutto dall’esterno. Come il richiamo di stare attento alle bandiere nere, del vecchio al camionista. I vessilli neri appaiono quotidianamente nei telegiornali accomunati a eventi funesti.
L’altro richiamo è l’attenzione per lo straniero, per il forestiero che appare alle porte della casa. Lo sviluppo architettonico e commerciale di Dubai avviene anche grazie all’immigrazione, ma l’attenzione agli ingressi è costante. Se un giorno arrivasse uno sconosciuto, una persona mai vista, afferma di essere scappato da un luogo pericoloso, quale sarebbe il comportamento da tenere per non portarsi a casa un nemico?
Il film è adrenalinico, attivo in ogni istante. L’inizio è stratosferico per la tensione crescente nello scontro. La velocità spesso si traduce in scene al ralenti, il quale contribuisce a renderle esagerate e improvvise. Inaspettato perché tutto lo scontro capita per trappole, per giochi pericolosi, sfide mortali, inganni umani e principalmente tantissima crudeltà e indifferenza per gli esseri umani. Tranelli e sotterfugi crudeli sono collocati per valutare le capacità deduttive e di coraggio di Essa.
L’autore mostra diversi caratteri umani, come i vari personaggi conviventi nell’edificio. Prevalgono il valore, l’abilità e l’umanità di Shuaib. La sua severità nei controlli ha solo un momento di debolezza, e sarà quello fatale.
Eissa possiede lo stesso coraggio del padre, aggiunge la spavalderia della gioventù, l’amore per le persone e la disponibilità a essere un leader, pronto a rischiare la vita per salvare gli altri.
Jamal è lo spietato sconosciuto, realizza micidiali macchinazioni, noncurante di essere già predestinato.
Il regista muove attori ed effetti con la volontà di sorprendere.
“May he rest in peace” e la camera si alza per mostrare la terrificante devastazione intorno allo stabilimento. Non c’è segno di vita, solo rifiuti fino all’infinito, i tanti oggetti ritenuti fondamentali nella nostra esistenza sono ridotti a ingombranti spazzature.
Fuori non c’è speranza, per nessuno. Se il mondo si spacca, tutte società non avranno speranza “we are in the same path” e la camera si sposta per inquadrare una tomba con una croce sopra.
Oltre al ralenti aggiunge suspense, perché, dietro la camera, nasconde sempre gli occhi di un pericolo esterno, sempre ci guarda ma noi non riusciamo a individuarlo. Non abbiamo un attimo di pace, anche il momento pacifico del gruppo, con i loro racconti del passato e la canzone sussurrata, sono solo elementi di tensione aggiuntiva.
Colora il film di nero, sia per la notte scura, sia per le mura e gli anfratti del desolato opificio. Ma nero è anche il sangue, le torture cercate, le indispensabili menomazioni, tutto ci procura disordine fisico e mentale, questo è lo scopo dell’autore. Ci vuole sconvolgere, annichilirci alla visione dell’abbandono totale intorno ai sopravissuti, non serve a nulla cercare asilo in un forte nel deserto.
Il film è un gran segno di maturità per il cinema arabo, lo spiega il produttore di The Worthy, Rami Yasin:
“The Arabic movies that travel to International festivals all come from a political background or a social background, generally speaking. They’re about Israel/Palestine, the Iraq invasion, Lebanese Civil War.” (1)
Mentre il cinema è molto di più, non si vive di un unico genere, alla fine stanca e allontana il pubblico, infatti, sempre il produttore: “It’s great to do films that go to Cannes and open in Berlin and Toronto... but they don’t encourage audiences to go the theatres.” (1)
Ali F. Mostafa realizza un film di genere, un film veloce, un film intelligente, un film da vedere in tutto il mondo. È aiutato dagli attori.
Mahmoud Al Atrash è Eissa, bravissimo nelle azioni veloci, muscolari e contemporaneamente concentrato nel ruolo e nella sensibilità di essere un nuovo ‘meritevole’.
Ali Suliman è Jamal, lo spietato cattivo, cinico, distaccato, audace nel suo sguardo freddo e intollerabile.
1 Magazine Empire Arabia – december 2016 issue 013
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