Ali, The Goat and Ibrahim – Ali Mea’za we Ibrahim Regista: Sherif El Bendary
- Roberto Matteucci
- Feb 15, 2017
- 4 min read
Updated: May 9, 2019

Ali, The Goat and Ibrahim – Ali Mea’za we Ibrahim
Anno: 2016
Regista: Sherif El Bendary
Autore Recensione: Roberto Matteucci
Provenienza: Egitto, Francia, UAE, Qatar
“Potrebbe diventare la tua migliore amica.”
L’Egitto ha avuto momenti difficili e continuerà a subirli vista la situazione economica e politica. La primavera araba egiziana ha avuto un esito ambiguo, in sostanza il prima e il dopo rivoluzione sono uguali, solo con persone diverse.
È l’Egitto nella sua interezza il luogo del film Ali, The Goat and Ibrahim del regista Sherif El Bendary. È un road movie attraverso i cosiddetti tre mari del paese: Alessandria con il Mediterraneo, il Sinai con il Mar Rosso e Cairo con il Nilo; non è un mare ma tale è considerato per gli egiziani.
Realizzato con il contributo della Biennale Cinema di Venezia, fu presentato alla Mostra del cinema di Venezia nel 2015 unicamente per Industry. Ora ha il passaggio ufficiale al 13° Dubai International Film Festival.
La protagonista è Nada, una bellissima e pacifica capra. Il regista racconta com’è stata scelta: “I saw more than 2000 goats to find Nada.” [i]
Ed è stata una scelta azzeccatissima.
Il film inizia con un primo piano di un grande teddy bear rosa. È trasportato sulle spalle di Ali, un ragazzo bizzarro e allegro. Il primo piano dell’orsacchiotto finisce perché un gruppo di persona sale su una macchina sgangherata e colorata.
Fermata dalla polizia inizia un controllo meticoloso alla ricerca della droga. Un malfidente ufficiale inizia a scuoiare con un pugnale il povero orsetto, sospettava la presenza di stupefacenti al suo interno. La perfidia contro il pupazzo lascia tutti allibiti: “Perché i teddy bear sono stati vietati dopo la rivoluzione?”
Il simpatico teddy bear non aveva nulla da nascondere, era semplicemente il regalo di Ali per la sua fidanzata Nada. Un regalo gentile per il compleanno dell’amata. C’è tuttavia un piccolo problema, Nada è una capra.
Ali ama una capra, la tiene in casa, la coccola, ci dorme insieme, gli parla, la vezzeggia. Quest’amore crea moltissime derisioni, sbeffeggiamenti, litigi con la madre per la sua bislacca mania. I ragazzini del vicolo lo canzonano, gli amici sorridono beffardi ma Ali non cambia idea: la sua fidanzata è Nada la capra.
Nella stessa strada abita Ibrahim, un tecnico del suono, pure esso con una difficoltà personale. Ha un’ipersensibilità alla ricezione dei rumori, la quale gli provoca reazioni di malessere profondo: crolla sconvolto, in panico, in trance, quando li percepisce. Vive con il nonno sordomuto e comunicano attraverso il linguaggio dei segni.
I due ragazzi casualmente si ritrovano insieme da una specie di veggente, il quale prescrive a entrambi la stessa cura. Gli consegna tre sassolini da gettare nei tre mari dell’Egitto.
Qui inizia il road movie, i due ragazzi partono insieme all’animale.
Durante il tragitto hanno tante traversie drammatiche e divertenti, come quando Ibrahim lascia una lettera con la volontà di suicidarsi. Rinuncia all’ultimo minuto e quando Ali sconvolto lo vede vivo e vegeto mentre mangia tranquillo, si scatena negli insulti.
Hanno diffidenza nella storia del veggente ma Ibrahim richiama Ali nella giusta dimensione: “Come puoi chiamare assurda la storia dei sassi se dici che sei fidanzato con una capra?” e due ragazzi lanceranno tutti i tre sassi.
Il finale è surreale, ma con un messaggio certo e sicuro: “We are all animals.”
I ragazzi hanno un passato di brutti episodi di morte: la madre suicida, la fidanzata che cade e spira. La leggera ironia dei caratteri ha in realtà un retrogusto amaro.
Ali ama la capra perché la trova quando muore la fidanzata, infatti, ha lo stesso nome.
Il viaggio nell’Egitto è bellissimo. La fotografia è limpida e chiara come i due solari ragazzi. La luce è elemento fondamentale delle inquadrature, le quali sono immagini lunghe riempite da pochi soggetti o oggetti. Nella scena appaiono delle linee disegnate interrotte dai due ragazzi in posa spesso scomposte e dall’onnipresente dolcissima capra.
Attendono di ripartire e sono sotto una montagna, un albero alla loro sinistra. Sul bordo della strada c’è Ibrahim, Ali e in mezzo la capra. Le luci sono forti, e tutti gli oggetti e le persone tendono a esaltare le linee dei loro contorni.
Il regista ha mano lieve nel raccontare una storia con un fondo amaro. Si ride, si sorride perché il sarcasmo è profondo. Come può un ragazzo normale bello giovane amare una capra? Ma perché non dobbiamo credergli? Allo stesso modo come possiamo dubitare di Ibrahim – specializzato in raccogliere suoni – della sua solitaria percezione di sonorità particolari? Come possiamo negarlo?
Perciò il regista accentra tutta l’attenzione sulla capra come strumento diversivo, ci fa sorridere ma nello stesso tempo non ci fa dimenticare le sofferenze.
L’autore segue la capra, la quale gira libera, essa trova ogni volta la strada per incontrarli di nuovo. La capra – il destino – li aiuta salvandoli da un terribile incidente, dandogli la forza di tornare a casa: “Nada is in our hearts.”
I due attori sono geniali nei loro ruoli.
Ahmed Magdy è sintetico e oscuro nel suo ruolo di recepire voci lontane. Bravissimo anche nel film Mawlana – The Precher visto sempre al DIFF.
Ali Sobhy è Ali, geniale nel mostrare l’amore alla capra Nada. Un ruolo difficile è un artista di strada. È un vero saltimbanco nei gesti, nelle smorfie, nei battibecchi, nell’essere minacciato, picchiato, ma soprattutto gentile nell’amare la capra. È geloso, Ibrahim non deve spogliarsi di fronte alla capra.
È spiritosa la motivazione per cui il regista ha scelto proprio Ali Sobhy: “I was looking for someone who looks like a goat. With his narrow face and goatee, Sobhy fits the bill.”[i]
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