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The Road to Mandalay di Midi Z

Updated: May 8, 2019



The Road to Mandalay

Anno: 2016

Regista: Midi Z

Provenienza: Taiwan,Cina, Myanmar, Germania, Francia

Voto: 4

73. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia

“Mille bath, no burmese kyat.”

La Thailandia è un paese in grande crescita economica. Il suo prodotto interno lordo pro capite è di USD 16.100, contro USD 5.500 del Myanmar.[i] Se consideriamo la Thailandia come Bangkok o le località turistiche, in queste zone praticamente non esiste disoccupazione (la situazione è molto diversa nelle campagne). In Myanmar il problema del lavoro è un dramma sociale.

I due paesi hanno un lunghissimo confine in comune, chilometri di frontiera senza


sorveglianza e facilmente superabili.

A Bangkok il problema degli emigrati birmani è notevole, possono trovare lavoro in breve tempo, ma alla fine creano dissapori nella popolazione locale. Inoltre le reazioni dei poliziotti thailandesi nei confronti dell’immigrazione clandestina sono abbastanza decise.

Il dramma umano di una coppia di ragazzi e l’ambiente del mondo dell’immigrazione birmana, parla il film The Road to Mandalay del regista Midi Z, nato in Myanmar e trasferito da adolescente a Taiwan.

Midi Z: “Anch'io sono nato in Birmania e mi sono trasferito a Taiwan, quindi ho intrapreso un percorso simile a quello della storia narrata. Il film è ispirato a una storia vera avvenuta nel 1992 e riguarda due migranti clandestini, un ragazzo e una ragazza, che entrano in Thailandia per lavorare. Dopo tre anni tornano nella madrepatria per sposarsi, ma dopo tre giorni di matrimonio lui uccide lei e poi si toglie la vita. In seguito si è saputo che la ragazza voleva tornare nuovamente in Thailandia, mentre lui era contrario. Da qui sono partito per raccontare la storia di The Road to Mandalay. Dalla Birmania ci sono tre milioni di lavoratori che si spostano in Thailandia per lavorare, di cui due milioni sono clandestini. Quello che sta succedendo in Europa noi lo viviamo da diversi anni, anche a causa delle guerre e dei regimi che hanno caratterizzato il sud est asiatico.”[ii]

Nella prima inquadratura c’è un fiume, due ragazzi sbucano dalla foresta. Li aspetta un gommone. Sono due clandestini, cercano di arrivare in Thailandia. I mercanti di uomini hanno tutto organizzato. Un gruppo d’illegali si riunisce, li aspetta un camion, i prezzi più bassi sono quelli per il bagagliaio.

Solo grazie della compiacenza della corrotta polizia tailandese riescono a raggiungere Bangkok.

Guo è un ragazzo semplice, cerca di lavorare per ritornare in patria. Non ha grandi attese.

Diversa è Lian Quing. Essa cerca qualcosa di più, una realizzazione, avere successo. Guo è innamorato di Lian Quing. Vorrebbe che accettasse una soluzione più modesta, più semplice, per tornare insieme a casa.

La parte della storia, quella umana, è rappresentata dalla coppia di ragazzi.

Poi c’è il soggetto sociale, la vita degli immigrati a Bangkok.

Trovano lavoro in una fabbrica distante dalla capitale. Lavorano tantissimo, riescono a spedire del denaro a casa. Ma la sicurezza all’interno dello stabilimento è scadente. Quando un ragazzo perde una gamba, la direzione liquida il tutto con un po’ di soldi.

Due temi principali il regista porta all’attenzione, specifici per gli immigrati clandestini.

La prostituzione: “La prostituzione è la sola prospettiva che vede per salire nella scala sociale, ma mostrare un grasso e vecchio cliente in quella scena sarebbe stato troppo crudele, ho preferito ricorrere a un simbolismo che suggerisse quel che avviene anziché mostrarlo. Ma quello che si vede potrebbe anche essere un incubo, magari di Guo, indotto dall'uso di anfetamine.” [iii]

La prostituzione è la scorciatoia più semplice per i disperati. Le coinquiline di Lian Quing sono delle puttane e guadagnano abbastanza denaro senza lavorare ore infinite in una fabbrica. Lian ci prova ma ha una reazione di disgusto all’ultimo momento.

La droga: “L'anfetamina costa davvero poco in Thailandia, la metà di quanto costi in Europa. È purtroppo anche di qualità peggiore, quindi i lavoratori che la assumono per lavorare senza dormire finiscono spesso per impazzire. Avevo un compagno di classe, arrestato dalla polizia, che era dipendente da anfetamina e crystal meth: quando finiva le scorte tornava in Birmania ed era sempre messo peggio sul piano mentale.” [iv]

La droga, la crystal meth è un tema già trattato da Midi Z in Ice Poison. La droga è il supporto psicologico a una vita penosa. È importante, consente ad alienare i ragazzi, a giustificare la lontananza da casa.

Il linguaggio è semplice ma diretto. Tanti piani sequenza con inquadratura fissa. Molte scene sono in movimento lento - i due ragazzi sono seduti di fianco in un tuktuk o un pick up, ripresi di fronte - non parlano quasi mai. È il senso del loro rapporto. D’altronde la coppia ragazzo e ragazza e le loro difficoltà relazionali, già mostrate in Ice poison, appartiene alle corde del regista per i loro dialoghi minimalisti, per una una sessualità corporea limitata.

Il regista aggiunge delle scene irreali utilizzate per dimostrare come sia impossibile l’esistenza degli immigrati. Perciò la ragazza entra una stanza e vede un serpente sul letto, o la copulazione con un alligatore.

La mente di un povero disperato clandestino può anche accendere delle reazioni immaginifiche e irreali.

Lascia perplesso la mancata simpatia di Midi Z per i tailandesi e la polizia in particolare. Esce una immagina della Thailandia molto brutta, come se fossero esseri spregevoli pronti ad approfittarsi delle miserie altrui. Purtroppo è la tipica reazione perbenista: gli immigrati sono tutti buoni, gentile, poeti e sognatori, mentre gli ospitanti sono tutti razzisti. Ma se sono così razzisti, cattivi, speculatori, corrotti perché i birmani non scappano in Cina o in Bangladesh dove le frontiere sono altrettanto lunghe e sicuramente altrettanto facili da oltrepassare?


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